21 luglio 2014

Andrea, oggi.

Possono le parole scritte decenni fa continuare a parlarti come se dette ieri? Un vecchio professore sosteneva che: "Un'opera d'arte è eterna e universale, perché non esaurisce il suo significato in ciò che il suo creatore intendeva, ma ne trova di nuovi ogni volta che qualcuno la osserva."
Beh, questa è la mia versione di Andrea.

Non sono le stagioni a cambiar colore,
ma gli occhi, che senz'occhi, di colori
non ha neanche senso parlare.
È la solita vecchia storia,
sempre vera, sempre uguale,
seppur non meno storta.
Andrea stamani non apre la porta.

Stanchezza che la notte non cura
mentre la imprigionano le coperte.
Solo una canzone la rassicura
e rende più dolci le compresse,
quelle che conciliano il sorriso.
Sarà perché dei sorrisi era stanca
che si lascia alle spalle il paradiso,
la famiglia e il conto in banca.
Andrea oggi non lascia la stanza.

Quel che resta è il ricordo dolce
di questa sfiorita primavera
adesso confusa tra le gocce.
Poco le importa di cos’era
che le aveva riempito il petto,
solo che ora si perde nel letto
così vuoto sotto la spalliera.
Andrea non cucina stasera.

Maltempo che ingolfa idee e pensieri
senza ricoprire la camera di pioggia.
Quanto si bagnerebbe volentieri
se bastasse a ritrovare la voglia.
La voglia di ripartire, senza lasciare,
ché non sono il luogo o la gente
ad averle insegnato ad odiare,
ma il niente che dappertutto sente.
Andrea forse non dorme stanotte.

Forse ha perso il treno,
se ce n’era uno davvero,
rimane ferma sui binari
con gli occhi abbagliati
come fanno gli animali
prima d’essere schiacciati.


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