25 settembre 2014

Karma (e sangue freddo)



In questi giorni pieni di coinquilini nuovi, ma in fondo vuoti, tra libri e stanchezza, l'argomento Karma è uscito fuori più volte.
Vorrei poter dire fieramente che non ci credo a queste cagate...ma col mondo che ultimamente gira tutt'intorno alla mia stanza, con poche risate e distrazioni, il lato superstizioso ritorna fuori come un avvoltoio in attesa di una carogna. La mia.
La domanda che tutti ci poniamo - ossia che io mi pongo al posto vostro - è: ma che cosa ho fatto di male per dovermi rompere i coglioni tutti i giorni davanti al computer? Sia stata quella volta che non ho dato l'euro alla zingara? Maledette zingare. Sia stata quella volta che mi sono seduto impunemente al posto di un altro all'UCI cinema? No, dev'essere per forza il sorpasso alla cassa del Conad alla vecchina indecisa su quale fila fare...
Sto mentendo però...so esattamente cosa ho fatto. Circa un mese fa, in uno dei miei mille viaggi Trenitalia© FI-PT (preso al volo dopo una corsa contro il tempo e i turisti che intasano i marciapiedi) mi sono trovato a dover aiutare un'adorabile signora tedesca che non riusciva a tirare lo sciacquone nel bagno del treno. La signora indicava un bottone accanto al water - profumatissimo - a cui era stato letteralmente strappato via l'adesivo che indicava la sua funzione. Lo premetti, ma non accadde nulla. Notai dunque un altro tasto, dal lato opposto del gabinetto, anch'esso privo di alcun simbolo, e colto dall'illuminazione divina, lo premetti.

Un fischio assordante. Il treno che comincia a rallentare. Il cuore che accellera ad ogni lampeggìo della scritta SOS che minacciosamente era apparsa dopo il mio gesto. Avevo azionato l'allarme del treno. Avevo fatto una di quelle cose da vecchie barzellette sui carabinieri o da film di serie B anni '80.
Credo di essermi tirato addosso le infamate di almeno metà del treno (e gli accidenti di tutti gli altri).

L'unica cosa che mi consola è che, se le regole del karma sono universali, a quest'ora i maledetti che rubano pulsanti da Trenitalia staranno portando a casa la terza multa per divieto di sosta per lavaggio straordinario delle strade, presa per esser dovuti andare per la quarta volta alla lavanderia che ha perso le loro camicie firmate, che si erano sporcate perché si erano seduti su una panchina dove qualcuno aveva appiccicato una gomma da masticare...Confesso che stringerei volentieri la mano al bastardo in questione, se non fosse che il karma avrà qualcosa di macabro in serbo anche per lui.

Io comunque al karma in fondo in fondo non ci credo. Ai cornini napoletani sì. Quelli sì che funzionano invece...

15 settembre 2014

Il problema


Sono mesi che non pubblico niente e non ho intenzione di rompere il silenzio solo per tediarvi con i lamenti relativi alla mia sindrome d’abbandono; se avete un po’ di pazienza però leggerete anche qualcosa di personale.
L’umore non è dei più rosei ma non potrebbe essere altrimenti, a Settembre. Ho passato l’estate cercando di gustarmi fino in fondo le ultime birre incrociate con i compagni di Via Verdi, ognuno andato via per la sua strada…ma le birre forse erano troppe o troppo buone ed ho finito per divertirmi comunque - nonostante la tristezza degli addii. La stagione dei saluti iniziata a Maggio con le due Galiziane non si è ancora conclusa, ma il calendario dice che è già il momento di ricominciare ad andare avanti…e io continuo ad avere una paura matta di rimanere indietro. Due ottimi motivi per darsi da fare.
Firenze è ancora stupenda, nel vero senso della parola, e cioè sa sempre come stupirti e sorprenderti, ogni notte. Basta sapere dove guardare. Mi fanno sorridere le processioni di ragazzotte in vestitino che si accalcano fuori dal locale sotto casa, del tutto ignare di passare a fianco della casa del Buonarroti o davanti a una fontana del XV secolo. Ma Firenze è bella anche per questo: è un tesoro che scopri quando alzi lo sguardo per portare la bottiglia mezza vuota alle labbra e sei abbracciato dalle terrazze in pietra serena e dai soffitti affrescati che fanno capolino da dietro le persiane. No, la questione non è la città o il paese, la regione o lo stato: statue e colline non ti faranno sentire meno solo, ma quantomeno aiutano a sentirsi fortunato – il che non guasta mai.
Il problema di quelli come me è che passiamo la metà del tempo a cercare di capire chi siamo, a scoprire i nostri gusti, a decidere la nostra strada, il guardaroba o la macchina – in tre parole – a diventare diversi; mentre  l’altra metà della vita la passiamo a cercare qualcuno che ci somigli, che ci completi, che riempia quel buco che ci divide dal mondo e dagli altri e che noi stessi ogni giorno contribuiamo ad allargare. È un po’ come pretendere di guardare a destra e a sinistra a un tempo solo. Semplicemente non funziona.

Se ci penso bene credo che sia il problema un po’ di tutti.