10 settembre 2013

Non è un paese per vecchi

ATTENZIONE SPOILER: la seguente recensione svela particolari della trama. 
Se siete interessati alla visione del film, fatelo prima di leggere. 
Se non siete interessati, prima leggete e poi andate comunque a noleggiare il dvd.
Se avete già visto il film e vi ha fatto cagare, date libero sfogo alle offese.
Si tratta di uno dei film più discussi degli ultimi anni. Per alcuni un capolavoro, per altri una cagata pazzesca - o peggio: la quint'essenza della noia. Panorami spettrali e silenzi dilaganti fanno da protagonisti in una delle pochissime pellicole volutamente senza colonna sonora. Tre personaggi si districano tra i nodi di una trama inconsistente, in un inseguimento infinito e inevitabile. Un triangolo bizzarro che collega un veterano del vietnam a l'hitman più spietato della storia del cinema e ad un poliziotto ingrigito. Tommy Lee Jones è il vecchio del titolo, uno sceriffo che sente il peso dei suoi troppi inverni in sella al cavallo. Egli non concepisce la violenza del traffico di droga che devasta il Texas degli anni '70, tanto meno la follia omicida dei primi serial killer. A mio parere è il personaggio meno riuscito, colla sua nostalgica passione che, sostanzialmente, aggiunge molto poco al nucleo del film - costituito da un duello di sguardi e stratagemmi. Filtra la realtà col suo incredulo disprezzo, che si aggiunge sicuramente a quello della platea che non ne capisce le farneticazioni.
Nell'estenuante attesa che precede lo scontro tra Llewelyn e l'inarrestabile Chigurh, ci viene presentato un sottile gioco mentale che, in definitiva, non porta a niente. Se volete, è un po' il film delle aspettative tradite; eppure è sorprendente nei suoi colpi di scena che smuovono una vicenda apparentemente lineare.
L'uniformità della storia è strettamente legata al personaggio di Javier Bardem: qualsiasi proiettile lo ferisca, o qualsiasi cosa esploda, sai sempre e comunque che lui arriverà dove deve, con in mano il suo fucile silenziato. L'attore spagnolo sfoggia una delle più grandi interpretazioni di un cattivo, valsagli un oscar sacrosanto. Tanto più se si prendono in considerazione i ruoli sdolcinati o strappa lacrime cui ci aveva abituato con Il Mare Dentro o L'Amore Ai Tempi Del Colera, e proseguiti con Vicky Cristina Barcelona. Il suo killer non ha niente di umano nello sguardo vacuo, nell'andatura ferma e leggera, nella ferocia fredda e priva di passione. E' uno squalo che insegue una sottile scia di sangue, lasciandosi dietro un mare impregnato di rosso. Il taglio di capelli da angelo, la tenuta di jeans da coglione americano, l'immancabile bombola di ossigeno - normalmente utilizzata per abbattere le vacche: ecco cosa riflettono i suoi occhi neri senza fondo, quando ti fissano: bestiame, carne da macello o poco più. Disumana è l'attenzione che mette nel non sporcarsi i piedi e la sua serenità nel far roteare in aria una moneta. "Scegli" "No. Io non voglio scegliere." "Scegli" "Non è la moneta che decide; a decidere sei tu" "Io e la moneta siamo arrivati allo stesso punto". Sovrumana è la sua ineluttabile presenza: sembra il cupo mietitore che con la falce in mano raccoglie, sempre, i mesti frutti del suo operato.
Ha delle regole. Una disciplina folle che si giustifica da sola, nella costante vittoria sui suoi avversari.

Il tratto più enigmatico del film è probabilmente il finale. Cercando su internet ho trovato più richieste di una spiegazione al riguardo...senza peraltro trovarne una convincente: apparentemente fedele alle sue regole, Chigurh si reca nella casa della vedova Moss, per mantenere fede alla tremenda promessa fatta al defunto marito. I Coen ci lasciano intuire l'accaduto dal modo con cui il killer si studia gli stivali sulla soglia di casa...eppure non sappiamo quale sia stato il risultato del lancio della monetina. Che l'infallibile Chigurh, preso in contropiede dalla reazione di lei, abbia sparato senza averla lasciata decidere? Questo forse spiegherebbe il tremendo incidente che colpisce il maniaco: un destino angustiato per questa sua mancanza - o altrimenti del tutto inspiegabile - lo ha ripagato facendo bucare un rosso ad un autista qualsiasi, fracassandogli un braccio.
La pellicola si chiude con i due sogni dello sceriffo ormai in pensione che, se messi assieme al discorso di apertura, dovrebbero giustificare il titolo del film (e del romanzo da cui è tratto). Nel primo, suo padre - anch'egli sceriffo - gli aveva prestato dei soldi che lui ha perso. Nel secondo il genitore lo precede a cavallo con una torcia in mano. Credo che l'unica interpretazione possibile sia proprio quella della mitizzazione dei bei tempi andati , che egli personifica nel padre - più volte citato durante la pellicola. Il primo è la sensazione di fallimento che prova guardando ai suoi giorni. Il secondo è la soddisfazione di aver comunque tentato di seguire le orme del padre nella sua carriera.

Voto: 8. Una trama singolare, un finale agghiacciante e il killer più figo di sempre...tre motivi più che sufficienti per guardarlo.

1 commento:

Unknown ha detto...

Visto ieri sera! Mi è piaciuto tantissimo ma fin da subito ho trovato che lo sceriffo fosse in accordo con Bavier! Addirittura fosse lui stesso ad avere due vite diverse proprio perchè non voleva diventare come suo padre ed era stufo di essere vecchio! C'è una scena soprattutto che non ho capito, se quanto dice lei sia vero: Quando tommy lee torna all'albergo e Bavier è dietro la porta perchè poi non si vede più e non fa niente? Poteva benissimo uccidere anche lui invece nell'imagine successiva si vede che la porta è chiusa bene e non c'è nessuno dietro! Perchè lo sceriffo si siede tranquillo e guarda la grata dove il morto lasciava sempre la borsa con i soldi'
Io do la mia di interpretazione e credo che in realtà lo sceriffo è Bavier e non vuol finire come il padre ma capisce che in un mondo al contrario anche lui lo deve essere per un'ultima volta!