15 ottobre 2014

Pane, amore e...follia

Non credo di esagerare nel dire che la vita, senza qualcosa in grado di farti brillare gli occhi ogni tanto, non sarebbe molto viva, appunto.
Dormire, bere, mangiare e trombare. In fin dei conti il senso biologico di un uomo si riduce a sole quattro attività...e per quanto trombare sia senza dubbio la più piacevole, ciò non la rende necessariamente un modo dignitoso di riempire il tempo che ci divide dalla tomba. In sostanza, visto che tutti dobbiamo trombare, cercate di farlo bene, e soprattutto con delle belle topone, o anche se non sono belle che almeno vi attirino in maniera inevitabile. In questo sport credo che noi uomini abbiamo molto da imparare dalle donne: non mi stancherò mai di dirlo, se solo i belli trombassero, la quasi totalità degli omini sarebbe vergine. A mio modo di vedere, l'unica buona sensazione su cui fondarsi per scegliere una cosa cui dedicare il vostro tempo è il "Mi ci vuole". E se per l'amore è indubbiamente vero, certo non lo è meno per il vino o per il cibo.
Se non lo avete ancora capito, stasera parliamo di passioni. Le mie spero, un po', le conosciate. Per chi comunque capita qui per caso, faccio un brevissimo elenco. La musica, il cinema, la scrittura, le donne, i motori e la cucina. Che cosa hanno in comune tutte queste, per me? Il fatto che puoi passare una vita a studiarle, senza poter mai davvero dire capirne abbastanza. Sì, forse io sarò un nerd ma se una cosa mi piace (e mi piace davvero, non perché la fanno gli altri - semmai il contrario) non posso fare a meno di impararne il più possibile. E non mi pesa. Il come si faccia a studiare le donne, sarebbe argomento quantomai divertente, ma ve lo risparmio perché nonostante muoia dalla voglia di fare lo sborone - come ogni uomo che ha trombato più due ragazze in vita sua - non credo sia cosa di cui parlare su internet. E poi c'è già qualcuno molto più bravo di me da cui tutti possiamo imparare.


Quindi di cos'è che parliamo stasera? Ma di cucina, che altro?!
Partiamo col dire che cucinare, nonostante sia molto di moda di questi tempi, è tutt'altro che una faccenda poco seria. La Prova del Cuoco, Master-chef e Le Ricette di Benedetta, sono per loro stessa natura enormi cazzate, nate da un palinsesto tv ormai così scarno di nuove idee che il poter vedere una frittata di carote su la 7 assomiglia all'evento mediatico del giorno. No, no, no...qui stiamo parlando della cucina vera, ossia quella mangiata. N.B: Impiattare non è cucinare. L'occhio vorrà la sua parte, ma nella cucina, i protagonisti assoluti sono le vostre bocchine e i vostri nasini. Purtroppo quest'eterna verità viene ormai offuscata dagli incessanti bombardamenti pubblicitari che propongono hamburger saltellanti saporitissimi e panini multicolor freschissimi. Gli stessi che portano i più ingenui di noi ad affollare i vari McDonalds o Autogrill di questo paese. Per non parlare poi di coloro che credono che due fili di glassa di aceto balsamico, un ravanellino rosso e una foglia d'insalata su una raviera, valgano bene gli 80 euro spesi per un filettino al pepe verde di grammi 150. Per tutti loro, purtroppo, temo non ci sia più molta speranza. Ma per voi che sapete distinguere uno scalogno da un tubetto di aglio essiccato o il prosciutto di cinta senese dal crudo dell'Apprezzo, beh, per voi è il regno dei cieli.

Mangiare bene è l'ultimo sacrosanto baluardo dietro cui ogni italiano dovrebbe arroccarsi e vender cara la pelle. Purtroppo noi non siamo i figli delle mamme cuciniere di una volta, noi siamo cresciuti a suon di "non mi piace" e vittime dei 4 salti in padella Findus. Forse questa però è un'occasione, perché arrivare a 30 anni senza aver mai mangiato la finocchiona o una burrata fresca, ci dovrebbe far sentire ancora piccini, pure nel Bel Paese - che poi tanto bello forse non è più.  Intendiamoci, anche la cucina "etnica" è un altro universo da scoprire. Indiana, pakistana, vietnamita, giapponese ma anche brasiliana, messicana, peruviana, africana, libanese, ceca e chi più ne ha più ne metta. Unica eccezione va fatta per quella tedesca, che è per definizione una merda: parafrasando un noto spot automobilistico, saprete fare le macchine, non siete simpatici e soprattutto non capite un cazzo di cibo. Quando la più grande conquista gastronomica di un popolo sono salsicce bollite, crauti e insalata di patate con acqua, qualcosa davvero non va. Concludo l'argomento dicendo che i piatti della cucina tedesca, sono gli unici che sono molto più buoni se cucinati all'estero - vedi Trentino e zone limitrofe - rispetto che in patria.

Okay, la pianto perché non siamo qui a fare i fichi, ma semmai a cercare di capire perché lo siamo così tanto. Due buoni motivi: l'olio d'oliva e il pomodoro. A mio modo di vedere, è demenzialmente semplice creare qualcosa di commestibile, e poco di più il renderlo decente. Un filo d'olio, una cipollina fresca e un po' di pomodoro. Hai vinto, sicuro. Tuttavia quello che ci sfugge è cosa c'è dietro tanta semplicità. Io personalmente l'ho scoperto vivendo all'estero. Non puoi trovare un pomodoro come il san marzano aldilà delle Alpi - e se lo trovi, ha un peculiare colorito arancione, con qualche vaga sfumatura di vermiglio qua e là - e faresti meglio a lasciarlo dov'è. L'olio d'oliva poi, spagnolo o israeliano che sia, non assomiglia neppure lontanamente a quello nostrano. Non me ne vogliano gli stranieri, ma noi siamo più fortunati. Direte voi che è tutta una questione di gusti...certo, io stesso amo il gulash, l'escondidinho, le tapas, i paté o le quiches. Cazzo, a me piacque anche l'haggis o le frattaglie di pecora al formaggio dentro un cornetto di pasta frolla! Ma mentre questi troiai sono il risultato di miscugli di mille ingredienti e droghe, la cucina italiana è l'unica che non ha bisogno di niente per essere speciale, se non di qualche odore. A questo va aggiunto una ricchezza e una diversità che solo mille anni di guerre, santi, poeti, cretini, dominazioni straniere e confini geografici impervi possono ricreare, e il gioco è fatto. Insomma, solo per scoprire tutto quello che c'è da mangiare in Italia, con tutta probabilità non basta una vita. Se a questo aggiungiamo tutto il resto del mondo, cominciate forse a capire il perché di tanta mia rabbia nei confronti dei tredicenni in fila per il big tasty, o ancora peggio del deficiente americano che viene a Firenze per mangiare pasta colle polpette di carne.
Quello che volevo cercare di trasmettervi con tutta questa filippica è quel poco di allegria che cucinare per qualche amico - o ancora meglio per una bella gnocca - mi dà. Dubito di esservi riuscito, ma magari recupererò quando verrete qui in via verdi 13 a provarla di persona. 
PS: forse era meglio se si parlava di fica. Però quella si rimanda a dopo l'esamone del 28, vai.

3 ottobre 2014

Di mulini a vento e formaggi

Quando alle 4 di mattina ti metti a fare lo stronzo con un americano che non sa una parola in italiano tranne bambini e pizza - che ripete senza sosta colla faccia soddisfatta di chi ha finalmente conseguito il secondo dottorato in filologia dantesca - un paio di domandine te le devi fare.
Per dirvela tutta non è stato l'unico episodio del genere in quest'ultimo mese. Prima c'è stato il cretino che, facendo lo splendido colla barista, ha impiegato 10 minuti per tirare giù uno shot. Poi la francese briaca pesta all'uscita dal locale che ha cominciato a menare calci e pugni biascicando "italliani di mmerd". Tralascio le mie reazioni perché, davvero, non ne vado fiero. Ad ogni minima perturbazione, il mio io-figlio di puttana prende il sopravvento.
Da una prima valutazione, credo di aver realizzato che questo è il mio modo di esprimere la mia nostalgia, per non chiamarla solitudine. C'è chi si deprime, chi scrive poesie e chi si sfoga sugli stranieri sbronzi. Io appartengo a un po' tutte e tre le categorie, ma è l'ultima versione quella più manifesta, indubbiamente. Mi sento come quel grullo di Don Chisciotte, tutto fiero a cavallo a combattere contro l'ignoranza dei turisti. E se avete un minimo di fiuto, dovreste aver capito che se lo scrivo, è per chiedere scusa.
Feste, aperitivi, concerti, ingressi in discoteca e persone, tante persone, hanno sinceramente perso molto del loro sapore. Mi piace fare il vecchio, fingere di non avere più l'età per fare certe cose, ma la verità è che semplicemente non erano questi i motivi per cui ho amato Firenze.
Mi manca la mia città. E per mia intendo quel pezzetto di duomo che è tornato in Brasile, le campane di S.Lorenzo andate in Spagna, i gradini di S.Spirito andati a cercar fortuna in Inghilterra e il naso del David strappato e portato via nella campagna. Cazzo, mi mancano già anche tutti i futuri cimeli di questi anni passati in strada con una Moretti in mano, che dovrò salutare nel giro di altri 2 mesi.
Firenze comincia sempre più ad assomigliare a Gardaland. I primi giri sulle giostre sono una figata, ma poi ti ritrovi a notare che il galeone dei pirati è di plastica e che la cartapesta dei sarcofagi è tutta marcita. Il punto è che io queste cose le ho sempre sentite fin troppo bene, ma che grazie agli altri che giocavano con me, non me ne fregava un cazzo.
In tutta sincerità, infine, gli attaccabrighe mi sono sempre sembrati dei gran cretini. Il mio pensiero in merito si può riassumere con: "Ma cosa ti metti a rompere il cazzo alla gente con tutte le fie che ci sono a giro?". Grande verità, se non fosse che adesso sono io quello che ora torna a casa colle palle girate e in solitaria.
La cosa che più mi fa sorridere è però come io sia diventato tra i più infiammati difensori della patria e della gastronomia nostrana. Mi sono scoperto in grado di parlare per ore di formaggi e di pomodori. Oramai il san marzano e la burrata hanno per me la stessa dignità della Venere del Botticelli o del Ponte dei Sospiri...insomma, sono passato dalla voglia di imparare qualcosa sul mondo, al bisogno di dimostrare quanto è bello quello che ho qui. Anche solo a leggerlo suona come un mantra ripetuto all'infinito sperando di riuscire a crederci davvero, no?
E' passato un anno da quando sono laureato, ed è stato con tutta probabilità il periodo più divertente della mia vita. Adesso però ho fame di qualcosa di nuovo, magari di fare il medico. Anche il salumiere non sarebbe tanto male a pensarci bene.