23 marzo 2017

Il miocardio ibernato - il risveglio

"La sveglia, il tram, le quattro ore di ufficio o di officina, la colazione, il tram, le quattro ore di lavoro, la cena, il sonno…questo cammino viene seguito senza difficoltà la maggior parte del tempo. Soltanto un giorno sorge il ‘perché’ e tutto comincia in una stanchezza colorata di stupore." A.Camus

Era un po' che non scrivevo. Così come era un po' che non facevo un sacco di altre cose. Avere l'allergia ai platani per dirne una, oppure pulire le cozze, dormire accampato su un divano, cantare in strada o litigare con gente a caso. Certe cose un giorno le fai e quello dopo smetti, quasi senza accorgertene.


Per un motivo o per un altro, succede di mettere a dieta la personalità; di tentare, cioè, di soffocare quella nuvola di bisogni, pensieri, fantasie, vizi e schizofrenie che ti distinguono dagli altri. Il più delle volte, succede perché credi che siano proprio queste, le cose che ti impediscono di raggiungere i tuoi obiettivi. Altre volte, semplicemente perché non hai più il tempo di assecondarle. Allo stesso modo succede di stilare la lista delle priorità cui aderire assolutamente, ed elevarla a manuale pratico della felicità - che diviene quasi sempre solo più distante e sfocata. A questo punto, in genere succede che la pelle che indossi comincia a tirare, il culo si fa pesante, la schiena duole e il cuore perde qualche colpo. Nonostante tutto, succede di rimanere arroccato nella tua posizione, anche se forse lo fai più per la fatica di tentare una deviazione che per la convinzione di ottenere qualcosa perseverando così.

Succede ma non dovresti farlo succedere; a meno che tu non voglia trovarti a scoprire a tue spese le più sottili e variegate sfumature di termini quali stress o apatia.
Queste condizioni, per quanto più inerenti alla sfera psicologica e in particolar modo a quella fase speciale dello sviluppo umano che si chiama vita adulta - con tutta la valanga di luoghi comuni e cagate che si porta dietro - a mio modo di vedere hanno un corrispettivo cardiologico abbastanza eclatante.

Shahbudin H Rahimtoola, guru della cardiochirurgia, ha rivelato a noi poveri mortali che il cuore in condizioni di prolungata carenza di sangue e risorse energetiche, va incontro ad un fenomeno caratterizzato da perdita di contrattilità, definito "ibernazione".
Di primo acchito potremmo pensare che l'ibernazione cardiaca sia in realtà un romantico tentativo di fuggire dal ciclo infinito di contrazioni e rilasciamenti che ne scandiscono la grigia routine, ma - ahimè - le cose non stanno così. L'ibernazione del miocardio si verifica quando i vasi che ne perfondono le fibre sono quasi completamente chiusi e a malapena in grado di mantenere la sopravvivenza dei tessuti. Le cellule miocardiche cessano di contrarsi, generando un'inattività letargica a tratti indistinguibile da quella delle cellule infartuate, ed ugualmente in grado di compromettere la funzione della pompa cardiaca. Una vita di minima, insomma.

Rahimtoola fortunatamente ci insegna anche che questa deprecabile condizione è reversibile, almeno in teoria. Ripristinando un flusso coronarico idoneo infatti, il tessuto cardiaco riprende a funzionare in maniera corretta. Ciò che il guru non dice è come capire in quali casi il miglioramento della perfusione miocardica consenta l'effettivo recupero dell'attività cardiaca. Non sappiamo, cioè, quando sia effettivamente possibile salvare il miocardio ibernato dall'infarto - e quindi dalla morte.

Rahimtoola (al centro) all'uscita dall'American College of Cardiology dopo essere stato insignito del Lifetime Achievement Award
Con questa lunga metafora non voglio dire che avvicinarsi ai 30 anni sia come avere una stenosi serrata delle coronarie; piuttosto il nodo è attorno al cordone ombelicale da cui fino a poco fa succhiavi energie e fantasia. Un groviglio di impegni e stanchezza cronica che stringe alla base del mesencefalo, sopprimendo qualsivoglia attività cerebrale superiore e risparmiando solo quei nuclei basali che servono a mantenere il battito, la respirazione e poco più.
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Vi risparmio la lista di incazzature, sfighe e acciacchi degli ultimi mesi perché è una cosa triste.

Più dolce è invece lo scoprire che se il nodo si allenta un po', il sangue ricomincia a fluire resuscitando parti della corteccia cerebrale che non ricordavi nemmeno di avere.  D'un tratto ti risvegli dalla bara foderata di pensieri balbettati, pagine accartocciate e palpitazioni in cui hai dormito negli ultimi mesi, senza riposarti mai davvero.


Tornano il buon umore e l'ironia che se forse non bastano a dare un senso allo stare al mondo, quantomeno lo rendono un posto più decente. Abbastanza da non aver voglia di passare le giornate a lamentarsi sulla qualità del vitto dell'ospedale, di quanto sia tremendo vivere nella città in cui abiti o tutte quelle altre crociate inutili con cui hai sapientemente riempito il tuo poco tempo libero.

Fortunatamente viaggiando dritto per la tua strada, finisci prima o poi di incontrare una retta incidente. Una X indelebile sulla carta bianca dove hai scritto finora. Un colpo di scena che riscrive il copione del film, e tu non puoi far altro che recitare la tua parte. 
A dire il vero, se ti guardi alle spalle le croci segnate ormai non si contano più. Un cimitero a perdita d'occhio in cui riposano occasioni perse, amori finiti, amicizie interrotte e sogni svaniti. Monumenti funebri a qualcuno che sei stato, magari solo per qualche minuto, su cui lasciare un fiore o una risata ogni tanto. Rimangono lì, a ricordarti com'è che ti ritrovi sulla soglia dei trenta a scrivere cazzate la sera, e senza grosse paturnie. Rimangono lì, anche se te n'eri dimenticato o hai cercato di cancellarle.

Sbocciano i fiori, tornano i pollini e l'allergia assieme al primo sole che brucia sulla pelle, ed è tanto bello scoprire di non essere ancora diventato un vampiro anemico.