26 giugno 2017

Mezzora a Pisa



C'è una mezzora a Pisa in cui il cielo arrossisce come d'imbarazzo e dischiude il più dolce dei sorrisi. Il sole ti guarda e pare chiederti scusa per tutte le disgrazie, le noie e le rogne. Una gentilezza rara, cui le genti rivolgono da sempre lo sguardo e le preghiere. 

Tu stai lì, ammaliato da tanto rosa, giallo e blu, e ti sembra quasi di poter toccare le nuvole di zucchero filato e il cielo di limone. Ti perdi nella sinestesia di una sera in cui l'Arno profuma di fragole, le strade di pesche e il cielo di amarene; perfino la sigaretta sa di vaniglia e cocco.

Poi il sole si tuffa in mare col fiume, e l'incanto si rompe in una nebbia confusa di dialetti, bicchieri appiccicaticci e cibo di strada. La notte si succede al giorno ed ecco che torna puntuale il miracolo del crepuscolo nella sua aura melliflua di frutta e caramelle.

C'è una mezzora a Pisa in cui ti dimentichi della sporcizia, delle crepe e della maleducazione. Affacciato sul fiume ritrovi la forza di andare avanti, anche solo per un po'. La bellezza ti ripaga di ogni sacrificio, di ogni mancanza e riempe il bicchiere mezzo vuoto.

Ogni sera i fedeli stanno in fila col cero in mano e il naso rivolto a ponente, dando un senso alle ore di noia o fatica che dividono un aperitivo dall'altro. Forse è questa processione quotidiana a legare tante persone nate in ogni dove a una città che non ha più figli suoi.

La malia del tramonto è come quella di Circe che ti porge il calice dolce sulle labbra. Quelli che bevono dimenticano la casa, i sogni e le ambizioni; senza accorgersene si tramutano in porci che si accontentano di ghiande di leccio e di quercia e corniolo. 

I lotofagi infestano la città, i cui muri e le madonne raccontano la storia di nessuno, e cui nessuno presta orecchio. Vagano da un uscio all'altro, tutti intenti a succhiare il succo inebriante della gioventù anche quando non è che un'ombra rossastra sul viso.

Tu invece bruci come Ulisse, per cui né dolcezza di figlio, né pietà per il vecchio padre, né debito d'amore, poterono vincere l’ardore di fare esperienza del mondo, dei vizi umani e del valore. Non t'importa se il viaggio finirà male ed i compagni sono dispersi su spiagge lontane.


Ho avuto intere giornate di sole e le ho barattate per ore di neon alogeno. Non sentirò più il calore sulla pelle, ma lo stomaco è in fiamme e non c'è pozione che possa calmarlo. Io quella mezzora me la perdo sempre. La novità è che non voglio neppure più vederla.

Ci sono altri lidi ed altre genti da scoprire.