30 novembre 2010

Puzzled 2.0

Mettiamo che tu ed io, e gli altri non siamo che pezzettini di cartone sagomati. Ogni singolo tassello non è che un colore, una sfumatura di blu o di giallo o di rosso, un centimetro quadro di una parete infinita che va ben oltre la stanza e il soffitto...
Ciascuno dei frammenti si lega all'altro, formando così un verde, un arancione o un viola: così assieme creiamo l'arcobaleno. C'è quello più sbiadito, chi ha mille riflessi, chi risplende sugli altri, chi stona. Un ossevatore lontano non può distinguerci, riesce però a scorgere i disegni che componiamo: le montagne, i prati, le nuvole...
Purtroppo le persone non sono di cartone, e la loro forma è assai più ardua da abbracciare. Gli spigoli di una personalità si possono inasprire, le tonalità mutare, imbrunirsi così come schiarirsi...
Il gioco però non cambia: seppur bello, un giallo non può da solo essere un sole. Solo legandoci diamo una forma al nostro colore. Alcuni pezzetti danno vita a combinazioni meravigliose, di quelle che sbalordiscono per la loro bellezza, di quelle che gonfiano il cuore di gelosia, di quelle che fanno chiedere perchè tu non sia capace di tanto...
Il problema è che sei troppo stanco di forzare gli incastri, di limare il tuo profilo nel tentativo di collimare ora con questo ora con quel tassello. Se continuamente dietro quel riflesso che tanto ti aveva fatto sognare, non trovi  nulla che possa combaciare con te...che fai, rinunci? Lasci che sia la paura di rovinare tutto il disegno a vincere? Ti appelli ancora alla tua diversità, alla tua incapacità di legarti a qualcun altro? Puoi davvero dimenticare con quali colori era dipinto quel tuo centimetro?
...e se dietro a quel bellissimo azzurro ci fosse il tuo incastro?

E se fossi tu quell'osservatore lontano, che così miope non nota neppure il suo stesso essere un colore, che tanto s'affatica nel guardare e nel capire e così poco nel colorare? Non è elencando e descrivendo il tuo pezzetto di cartone - o la sua tintura, la profondità dei suoi riflessi, o la durezza dei suoi angoli - che ne dai un senso. Ma dipingi e inventa, questo è il gioco più bello del mondo. E poco conta se è l'unico che c'è! Tenta mille variazioni e poi ancora altre mille...
Il profilo più diverso a volte non è che il negativo del tuo.

21 novembre 2010

Visto che ormai sono recluso in casa a giornata*, ecco qualche lavoretto recente.
Sono autodidatta e - egocentrismo sfrenato apparte - tanto le foto che i ritocchi sono finalizzati a sperimentare qualche tecnica nuova.

*vedi improbabile tentativo di esame il 21 Dicembre, prima volta nella mia vita eccezion fatta per una stronzata al primo anno.

16 novembre 2010

De Gregori


Se io fossi di ghiaccio e tu fossi di neve, che freddo amore mio pensaci bene a far l'amore. Parole sulla punta delle dita, scritte piano, per non svegliare quello che dorme di là. Voci nel sonno che spaventano e confessano, brividi che scuotono dal dentro, che escono se non stai attento a serrare la bocca.
Che succede? Mai vuoti sono i polmoni nel petto...perchè solo ora bruciano nel trattenere l'aria là dentro? Non serve giurare e spergiurare. Si agita come un bimbo alla prima comunione, tutto bianco a gustare il pezzo della carne che sa di pane, sorride nelle foto. Non c'è motivo di battere così forte, non puoi uscire di lì. Sei solo un povero muscolo stanco e tristemente diverso da come ti disegnano i bambini. Se pelle e ossa e carni non ti celassero alle carezze ti cullerei come meriti, o forse no, ma che conta? Bum bum, bum bum tu dici...ma io che ne so di quel che vuoi?
Non capirete, e forse non lo faranno mai, e io rido e penso a Vincent, e voi vi incazzate e smettete di leggere...fate bene, io avrei già smesso da qualche riga fa. Ma...ma ma ma.
Com'è comoda questa poltrona, è così morbida che ci potrei dormire. Così soffice che forse anche i desideri si posano a prendere sonno, le voglie sbadigliano mentre poggiano sulle gambe. Ma stasera anche Morfeo si è dimenticato col suo sacchettino della sabbia, che sia il caffè o che sia tu, non so. Non so. Sono stanco di sentire questa mano calda poggiata sulle palpebre e l'altra gelida che scorre sulla schiena.
Quanto vorrei che tu capissi. Quanto vorrei. Quanto? Non abbastanza da parlare chiaro forse, ma neanche così poco da lasciare che questa notte passi con i giorni, e i mesi, e gli anni.
Ed eccomi, sono qui a giocare in casa, con me e coi mostri, i soliti che non ti ho mai presentato. Il più cattivo è quello che non vuole che si parli degli altri.
Francesco suona mentre scrivo, l'unica cosa bella che portiamo entrambi sulla nostra Volvo mentre viaggiamo per i viali tornando alla piazza, dove tu, dove noi, dove chissà chi altro è adesso...

5 novembre 2010

Madre tv

Pensiero fatto la vigilia di Natale scorso. Non ricordo il motivo, nè se ce ne fosse effettivamente uno. Adesso ho solo scritto l'ultima parte e aggiunta la canzone giusta.

Quando bucheremo questo vuoto fatto di lettere e immagini? Quand'è che non potremo più vivere seduti? Quando le gambe tremeranno reclamando il loro miracolo?..Siamo i figli di elettrodomestici, invecchiati senza crescere. noi piangiamo senza sanguinare, noi siamo la malattia che ci uccide. le vostre mille catene d'oro non ci conterranno ancora a lungo. cavi che succhiano la saliva e gli istinti. cavi che sognano per noi e vivono le nostre ore. onore a voi che moriste coperti di ferite. a voi che fumaste la sigaretta d'un fiato. voi che mai un giorno vi dimenticaste animali. che mai un giorno barattaste il fuoco per una spina elettrica.
Non avvertite questa inutilità che ci accomuna?? Larve e bozzoli forse troppo vecchi per sviluparsi.
Ma oggi io lo sento. Sopravvivere. Vivere sopra questo niente che divide i pasti dal letto.
E' un bruciore che invade piano piano...disgusto. Vogliamo la verità, vogliamo il freddo sulla nostra pelle nuda. il sapore del sangue cerchiamo. Basta merda di plastica e benzina. Vogliamo la fame che stringe lo stomaco, la stanchezza che addenta i muscoli. Cacciatori e prede, reclamiamo il nostro posto nella catena alimentare.

Sapete, credo proprio che solo il più stupido degli animali si senta il figlio di Dio. Solo il più orbo si vede la corona attorno alle tempie. Non è dando forma al pensiero con colori e marmi, scavando la roccia e deviando i fiumi...non è trovando polli già morti al supermercato o mele già raccolte. Nè sudando sotto i pesi di macchine e correndo su tappeti. Ma cancellando ciò che non si stringe o profuma, ciò che non si addenta o splende davanti ai nostri occhi che possiamo guarire di questa nuova peste che riempe le città...Abbiamo sconfitto la fame, adesso muoriamo di noia. Abbiamo evitato le guerre, adesso combattiamo la depressione.

Nulla ci è chiesto e nulla facciamo.