26 febbraio 2011

Quelle poche cose che val la pena narrare

Il fatto che qui non si parli più delle minchiate del venerdì sera non significa certo che siano cessate.
Cosa dire di un'unica notte, venerdì, in cui vieni interrogato fino alle 11? In cui poi, costretto a rimanere al cospetto di Sua Maestà il Chiarissimo Professore per far da testimone all'ultimo della lista - nonostante il voto già intascato - finisci con l'addormentarti? Una cosa sola: indimenticabile. Le porte del reparto si spalancano, corri in mezzo alle viuzze di Careggi col sorriso stampato sulle labbra, la voce si fa strada da sola lungo la laringe per poi esplodere in una valanga di urla e disturbi della quiete pubblica da svegliare mezzo reparto di piccoli pazientini che riposano nei loro lettini...E poi, in macchina, amici, birra, vodka&gin&lemon soda, negroni, ballare e urlare, combattere tra sonno, freddo e alcool - e qualche monologo di dubbia interpretazione - viene giù tutto (palpebre comprese).
Combattere, sempre. Contro se stessi se non c'è qualcun altro. Ora però basta.

12 febbraio 2011

Ludovico Van


L'aveva scritta senza mai poterla ascoltare.
Il vecchio burbero, finito di sfogliare lo spartito, si voltò. Aveva finito di dirigere un'orchestra muta e mai una volta, da che era sul palco, aveva volto lo sguardo verso la platea...Cos'avrebbero pensato di quella musica nata dal cuore e non dall'orecchio, partorita nel silenzio di una mente esiliata da anni, dodici quasi, dal mondo del rumore e delle parole?
La leggenda vuole che il teatro di Vienna esplose in un applauso enorme, e cinque volte gli spettatori si rizzarono sulle sedie per salutare il vecchio e la sua creatura, l'ultima.