21 ottobre 2013

Fine


Perso nella foresta di ombrelli gocciolanti, uno sguardo intimorito lampeggia da dietro un impermeabile nero. In mezzo al fumo della sigaretta, Firenze si stringe sotto i tendoni del bar della stazione. Avete mai notato lo sforzo comune con cui cerchiamo di non incontrare gli occhi altrui? La solitudine di queste mattine è disarmante, specie nella pioggia che affolla i bus.

Finalmente il mondo torna a rallentare; riprendo fiato proprio sul traguardo. Con tutta la benzina che ho ingerito in queste settimane credevo non sarei più riuscito a frenare...
Riaffiorano i rumori e con loro la melodia sommessa dei pensieri. Questa è una di quelle canzoni che aiuta gli ingranaggi del cervello a riprendere il loro moto.

Non sono mai andato così veloce. Rush finale - il nome del gruppo di medicina del sesto - ha assunto un significato del tutto originale. Da qualche parte qui dentro c'è stata un'esplosione di rabbia e fame, divenute nel tempo bisogno di vita e contatto fisico. Sono stremato. Queste non sono lacrime di coccodrillo. Mi sento come di ritorno da un viaggio di anni, conclusosi in appena due mesi: coperto di polvere e con tante foto sfocate in valigia. Adesso dormo cinque ore a notte di media, trascorrendo le altre cercando di scrollarmi di dosso i problemi di sempre, arricchiti da rimorsi e delusioni tutt'altro che digerite. Devo dire che in fondo desideravo questo momento. La fine.

Non credevo di essere orgoglioso o egoista, non in questa misura almeno.
Oggi si laureano due dei miei compagni più importanti, un temporale accompagna la loro incoronazione, e già mi manca la loro amicizia. Il mio quotidiano si sta sgretolando alla velocità di una sessione di laurea...

3 ottobre 2013

Tesi: Ringraziamenti

È difficile trovare posto in poche righe a tutti coloro che probabilmente se ne sono guadagnati un pezzo, in tutti questi anni. Quelle poche persone che non posso evitare di citare sono il chiarissimo professor Niccolò Marchionni e il Dottor Andrea Ungar, che mi hanno accolto all'improvviso in una brutta giornata di Marzo, mentre sbandavo mestamente in mezzo alla confusione che la scelta di una specializzazione suscita.

La riconoscenza più profonda va però alla mia famiglia: anzitutto perché senza il sostentamento economico e il supporto logistico da loro fornito, semplicemente non mi sarei potuto laureare. Mamma, Babbo e Federico: vi amo. Non per quello che fate e non per quello che dite, ma perché siamo quattro creature in costante conflitto reciproco e con il mondo, e non di meno ci facciamo compagnia e forza, seppur non dividendo sempre lo stesso tetto. Abbracciato dall'ombra delle vostre figure sono cresciuto e continuo a muovermi; e proprio quando la tenera coperta ha iniziato a scivolare, tirata giù dal peso degli anni e dei problemi che dobbiamo affrontare, ho provato sulla mia pelle cosa significhi soffrire. Siete la mia riserva energetica, la centrale elettrica che alimenta il mio spirito, e non lascerò mai che vi esaurite. Vi ringrazio per avermi lasciato libero, e ancora di più per avermi insegnato il significato di tale termine.

Non mi dilungherò nel menzionare gli infiniti compagni di viaggio che hanno colorato la vita di questi sei anni, i più intensi della mia esistenza. Permettetemi però di ringraziare in modo particolare quelle persone che, costantemente, mi hanno fatto sentire un pesce fuor d'acqua tra i corridoi di Careggi: la vostra ansia contagiosa, la vostra innata capacità di ingigantire i problemi dello studio o del vivere quotidiano e l'incredibile naturalezza con cui avete abbandonato ogni carattere vi rendesse unici, in nome del bene superiore della medicina, mi hanno aiutato a diventare chi sono, e soprattutto ad andarne fiero. Mi avete insegnato che le persone si valutano sulla base di quante ore studiano, di quanto sono disposti a sacrificare di sé stessi: la mia interpretazione della lezione è, però, diametralmente opposta alla vostra. Nello scontro naturale mi avete ferito e plasmato, e se oggi, guardandomi alle spalle, un sorriso sincero nasce sulle labbra, è a voi più che a ogni altro che devo la mia gratitudine.

Per ultimo ringrazio mio nonno. Purtroppo non è qui tra voi a poter assistere al coronamento dei miei studi, in compenso però il suo sangue e il suo cuore riempiono ancora oggi il mio petto mentre scrivo queste sciocchezze. Grazie dell'attenzione e perdonate lo sfogo, nonché la malcelata soddisfazione.