8 settembre 2013

L'amour - pt. 5

(continua da qui)
Erano seduti sul grande divano di velluto scuro, nel silenzio interrotto solo dal ticchettio della pioggia contro la finestra a lucernario, che proiettava un'aura grigia su tutto il soggiorno. Luca faceva fatica a tenere assieme la nuvola di pensieri che gli ingolfavano la mente. Eppure era contento. Nel riscoprire un sogno mai dimenticato, improvvisamente materializzatosi, era pervaso da un'allegria infantile. Non bastava la pioggia, il rimorso o il dispiacere a guastare il suo desiderio purissimo: si trovava dove voleva, con chi voleva. Tra quei due braccioli azzurri non c’era posto per i rasta di Andrea e per i fantasmi di un tempo; in quel pomeriggio di nubi, neppure il sorriso di Elena riusciva a filtrare. Si sentiva forte.

Beatrice sprofondava in quegli occhi chiari, faticando a scorgervi una luce familiare. Dejà vu. Nel giro di poche settimane era cambiato tutto. Andrea aveva continuato a vedersi con la sua ex per mesi, anche se non ne aveva le prove, lo indovinava con ogni sguardo. Aveva passato giorni struggendosi nell’impossibile ricerca di un modo che le riportasse, per magia, la felicità tra quelle braccia tatuate…finché, d’improvviso, venne schiacciata sotto un dilemma martellante. Come si era potuto permettere quell’idiota di tradirla? Cinque lettere che adesso risplendevano infuocate nel grigio dei suoi pensieri. Non lo riconosceva più. Cinque lettere che vedeva brillare sulla fronte in mezzo ai rasta. Idiota. E ancora stronzo, tronfio, noioso. In breve, ad avere la meglio sulla tristezza e sulla gelosia, fu il più nero disprezzo. Il suo abbraccio non trasmetteva più calore, né sapeva di avventura o profumava di cuscino sprimacciato: cretino, idiota. Aveva distrutto tutto. Nascosta dietro una tempia, un’altra vocina aveva cominciato a sussurrare. Da quanto tempo non si sentiva più viva? Erano passati mesi dall’ultima volta che aveva provato il solletico liberatorio di una risata sincera. Era successo una sera in piazza con Luca e i suoi compagni dell’università...Se chiudeva gli occhi, sentiva ancora gli scherzi dei ragazzi e gli sguardi sul suo vestito, avvertiva ancora la voglia vibrante di scoprire persone e situazioni nuove. In un momento, la visione del suo angelo seduto sui gradini, tutto allegramente perso nelle chiacchiere con Elena, la riportò nella stanza.

La odiava sotto la pelle. La cosa che più le bruciava era stata scoprirsi a immaginarlo tra le sue grinfie. Luca risplendeva di una luce nuova da allora. Era contento, lo vedeva; e sapeva che, per questo, sarebbe dovuta esserlo a sua volta. Invece aveva trovato fin da subito quel bagliore insopportabile, allergico. Aveva visto il suo angelo spiccare il volo…ed aveva finito col sentirsi sola. Erano cresciuti recitando due ruoli definiti, identici per anni; non riusciva ad accettare questa svolta, non ancora. Le mancava. Le mancava da morire. Cercava lo sguardo tenero, il silenzio eloquente e quella sensazione tutta speciale di poter dischiudere ogni sua barriera segreta, sapendo di ricevere nient’altro che sorrisi e comprensione…ma non li trovava più. Disteso lì accanto mostrava lo stesso mento volitivo di sempre, così come la fronte spaziosa e le orecchie grandi – che mille volte aveva tirato e bonariamente schernito; eppure quel volto era mutato, come se sotto la pelle glabra vi fosse uno spirito sconosciuto ad animarne la superficie. 

Ripercorrendo il giro di pensieri che già aveva solcato mille volte, Luca si accostò a Beatrice fissandola dritta negli occhi. Assaporava le parole che per anni aveva tenuto nascoste sotto il cuscino, per lasciarle uscire ogni tanto nella notte, a colorarla di verde smeraldo. “Tu non sai quante volte sono rimasto sveglio perché il cuore picchiava troppo forte sul materasso. Sono cresciuto aggrappato ad una speranza piccola: una candela che tu hai alimentato muovendo un dito o con un sorriso. Allo stesso modo, i tuoi racconti vividi dei pomeriggi di baci erano come benzina. Ma anche se coperta dalla cenere, la scintilla non ha mai smesso di brillare." sprofondò la mano nell'oro che le scendeva dietro al collo: "Finché poi arrivò Andrea…Andrea proprio non lo sopportavo. Non sapeva niente di te dall'alto della sua criniera sporca, fatta di esami bocciati e canne. Eppure tu eri felice. La tua voce incantata, che mi raccontava le avventure di quel coglione al telefono mi ha ucciso cento volte, per poi riportarmi in vita il giorno dopo con un Buongiorno Lu. Tu eri contenta ed ho finito col credere che andasse bene così...che fosse giusto così. Tu eri felice, cosa potevo chiedere di più? Non potevo…” Sapeva che il suo slancio avrebbe causato una reazione, seppur ignorandone la natura. Voleva finalmente cacciare tutto quel grigio che si era ammucchiato là dentro: il timore di un rifiuto non bastava ad arginarlo. Segretamente sperava in un trionfo di gioia…non si aspettava di vedere scendere due lacrime. “…perché ero prigioniero dei miei sentimenti, mi sono sentito uno schiavo in questo rapporto; ma ero uno schiavo contento, anche se sembra impossibile, perché se tu stavi bene, mi bastava poterti stare vicino. Non piangere, io…io ti a…” Una mano fredda e bagnata gli si piantò sulle labbra, soffocando ancora una volta quelle due fatidiche parole. “Non lo dire. Luca stai zitto.” Gli si gettò al collo, coprendolo di lacrime, sprofondando con la testa nel petto. Quella testolina bionda e singhiozzante smorzò in un attimo ogni sua velleità.

Trascorse un’ora prima che il silenzio venisse ancora interrotto. Le aveva sfiorato teneramente i capelli finché il tremolio non era cessato per lasciare posto a sospiri via via più lenti e rilassati. Senza sollevare la testa dalla comoda carezza, Beatrice riprese a parlare. “Scusa se ti ho fermato, prima.” La voce non tradiva alcuna insicurezza. “Ma devi rispondere ad una domanda. Come puoi parlare di questi sentimenti mentre ti vedi con un’altra? Non credo tu abbia pensato a questo. Non è una questione di correttezza verso di lei…sai che non mi piace. E’ una questione che riguarda te, Lu. Non dire una cosa così grande se non sei in grado di sostenerla con le tue azioni.”
Capiva quello che diceva. Già altre volte quel dubbio gli aveva solleticato la mente; tuttavia non era più disposto a tacere. Non poteva continuare ad esserle amico - e basta. Le parole scivolarono via naturali come acqua da una fonte: “Io sono innamorato di te da così tanto tempo che quasi non me lo ricordo. Prima ti amavo da ragazzo, mi sentivo schiacciato da un'emozione così grande. El…” aveva tentennato prima di dire il nome di Elena, non poteva rischiare di rovinare tutto “...lei è stata una parentesi dolce. Mi ha svelato un nuovo mondo e le sarò sempre grato per questo. Sono cresciuto. Però non ho dubbi su chi io desideri per me, non ne ho mai avuti.” Mentre le diceva, si accorse dell’insicurezza di queste ultime parole. “Io voglio te. Da sempre.” Fece per abbracciarla, afferrandole la spalla poggiata sul suo petto e ruotandole il capo per cercarne lo sguardo. "Ti amo". Immerso ancora in quel verde infinito, si sentiva sempre meno sicuro. Sperava che lei facesse qualcosa - qualsiasi cosa.
Si studiavano in silenzio, divisi da meno di trenta centimetri. “Sei uno stupido Lu. Hai rovinato tutto anche tu” in mezzo alle lentiggini balenò un sorriso equivoco. “Ma forse la stupida sono io…Non mi sono mai resa conto – o non ho mai voluto farlo – di quello che provavi per me.” Passò una mano dietro l’orecchio di Luca “Mi piace tanto il tuo nuovo sguardo”.


Era il segnale che aspettava. In un momento ogni dubbio si dissolse in un bacio che valeva venti anni di vita. Le dita intrecciate sul velluto. I respiri affannosi che si perdono in un unico fruscio. Le punte dei nasi che si sfiorano danzando da un lato all’altro. La bocca morbida e rovente che stringe il labbro inferiore in una morsa delicata per scendere sul mento e il collo. Scosse elettriche che dalla base risalgono e sottili s'insinuano dietro le orecchie, sotto i capelli. Quando Luca riaprì gli occhi, rimase accecato per un momento nella luce bianca che pioveva dal soffitto. Piano piano riprese forma quel volto fiorito: se era un sogno, non voleva svegliarsi.

Fine quinta parte

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