24 aprile 2015

Leoni in gabbia

Rinchiuso a soli 27 anni in un ospedale: condizione esistenziale indubbiamente riduttiva.
Chi me l'ha fatto fare? Non ve lo dico. Non siamo qui a rispondere alle grandi questioni quali perché esistano almeno 8 varietà di zanzara diverse o perché Ligabue resista così strenuamente al baby-pensionamento. Piuttosto siamo qui a non prenderci sul serio, il che non guasta mai. Le persone che si prendono troppo sul serio finiscono quasi sempre prese per il culo. Noi giochiamo di anticipo.



La sveglia suona alle 7 e 32. Le prime note di chitarra di Here comes the sun dei Beatles portano un raggio di luce sul lettone perennemente disfatto. Tu però alla sveglia gli vai in culo: sei già sveglio dalle 7 e 15 coll'occhio incispato per riscoprire le mitiche avventure di Pollon in tv. Mastichi fieramente il cornetto integrale del mulino - 40 punti fragola Esselunga - mentre scorri i 500 messaggi della chattona di reparto. Gli aggiornamenti telegrafici sulle procedure del giorno prima tipo "Caf abl FA ok, proc diff" accompagnano i 5 minuti necessari a sorbirti il cappuccino e ripensare a quando il ciguettio di whatsapp ancora suscitava un certo brivido. Ormai sono le 7 e 55 e il secondo meteo di Sottocorona ti ha già convinto che anche quest'oggi mezza Italia andrà a cogliere margherite per le campagne e a far all'amore sotto gli argini dei ruscelli, mentre tu ti abbronzerai alla luce dei neon di corsia: è l'ora di andare. Ti cacci le cuffie giù per i meati acustici e monti in sella al sempre-verde Suzuki Burgman 250 felicemente battezzato su strada nel lontano 2000 e intriso dall'asfalto misto ginocchia sbucciati di almeno 3 generazioni di Biagini. La musica assordante e lo slalom ritmico tra pedoni e auto ti galvanizzano finché lo scoppiettio della marmitta non ti riporta cogli occhi sul semaforo rosso, ad attendere l'attraversamento della scolaresca di turno.
Arrivi in reparto alle ore 8 e 10, via la musica. Il chiacchiericcio e il bip delle telemetrie rioccupa lo spazio intorno a te. Adesso c'è il briefing, dobbiamo decidere del destino dei nostri ricoverati: fotocopia le consegne, stampa gli esami, e - mi raccomando - quando ti verrà fatta una domanda, quell'unica domanda sulla creatinina del paziente al letto 21, entrato ieri sera alle 20 meno 15 e visitato dal collega, praticamente omonimo di quello al 14 che ha due trapianti di reni alle spalle, temporeggia. Ricorda: la diplomazia aiuta. Un "Non fa schifissimo" mentre ti getti alla caccia della cartella - rimasta in stanza eco dal giorno prima - in genere ti dà l'occasione di accedere al pc più vicino e scandire con voce ferma e suadente "0,86: normale".
Qualcuno ha messo la moka sul fuoco proprio quando comincia il giro-visite. Mentre lo strutturato fa gli onori di casa in stanza 1, ti rendi sonoramente conto che la stampa della radiografia del paziente 18 non può aspettare oltre. Corri in tisaneria, due risate - ma due - cogli infermieri - una tazzina - ma ina ina - di caffé e poi di nuovo in stanza 1 - ovviamente non prima di aver confermato che nel torace del paziente 18 ci siano ancora un cuore e due polmoni.
Il carrello delle cartelle si sposta lentamente di uscio in uscio. Un buongiorno e un arrivederci scandiscono i tempi della processione di medici lungo i corridoi. Medicazioni, STU, consulenze, richieste di esami. Esami esami esami.
Scatta il momento delle lettere di dimissione. Il letterificio apre a mezzogiorno e in genere per le 2 del pomeriggio ha sfornato 5 documenti ancora caldi fumanti e in attesa di correzione. Se sei abbastanza sveglio nel frattempo sei riuscito ad accaparrarti la pasta del letto 6, oggi a digiuno perché atteso in sala di elettrofisiologia. Penne bianchicce, riportate allo stato solido dal microonde, e forse una braciolina di qualche animale - che fatichi a capire come abbia potuto respirare un tempo - ti dividono dalle dimissioni.
"In bocca al lupo per tutto, signora". "Sì, lo può mangiare un po' di salame, ma senza esagerare". "No, il pace maker non fa suonare l'allarme alle casse della Conad".
Nuovo cafferino in tisaneria. Ci sono i ragazzi più grandi, decisamente più tranquilli nonostante sgobbino come negri. Ognuno ha il proprio modo di affrontare le giornate, un equilibrio che trasuda dal modo in cui si muovono e parlano. Dopo il caffè una sigaretta sul tetto ci scappa sempre, così come un consiglio e qualche risata in piedi in cima all'ospedale, a ricordarsi che la vitamina D viene prodotta stando al sole.
Sono già le 4, gli infermieri hanno già messo a letto i primi ingressi. Con un diario clinico ancora intonso ti avvii in corridoio verso il primo arrivato. La formula di presentazione corretta prevederebbe: "Buonasera signore, sono il Dott. xx. Per quale motivo si ricovera?" tuttavia già dopo il trentesimo "Ah dottore un lo so mica. Se n'occupa la mi moglie di queste 'ose" hai imparato a celebrare il rito abbreviato "Buonasera, ha portato documentazione medica con sé?". Mentre spulci i due quintali di ricoveri e visite ambulatoriali, ti annoti le narrazioni del paziente senza essere giunto ancora a capire per quale arcano motivo il destino abbia deciso il vostro fatale incontro. Ed ecco che proprio nel mezzo dell'aneddoto sul mal di denti alla cresima della nipotina, spunta l'oggetto della tua ricerca: "Blocco atrio-ventricolare totale in paziente con recente infarto miocardico acuto già trattato con triplo bypass aorto-coronarico, ipertensione arteriosa, diabete mellito tipo 2, ipercolesterolemia etc." Mal celando la soddisfazione chiedi:"Che terapia assume a casa?" Dopo aver rapidamente vagliato la lista di 17 pasticche, cominci davvero ad avere le idee chiare. Le domande si fanno più mirate, l'intervista stringente ed esaustiva. Ormai ci sei. In un baleno riempi la cartella in tutte le sue parti e cominci a spiegare in scienza e coscienza in cosa consiste la procedura cui il signore sarà sottoposto. Se sei stato bravo, ci scappa una stretta di mano e qualche sorriso.
Ripeti la cerimonia, adattandola di volta in volta. Plasmi il tono della voce, cambi il registro della conversazione, le chiacchiere di cortesia, le domande cliniche a seconda di chi hai davanti, della sua età, genere, istruzione e quantità di fifa. Conosci il paziente, si crea un legame - anche se per poco - ma non siamo qui a parlare di quanto è bello questo mestiere.
Alla fine della fiera ti sei guadagnato la sigarettina in solitaria, sulla scala d'emergenza d'angolo. Attento a non chiuderti la porta dietro. Sopra al piazzale invaso di macchine e gente, oltre la rotonda asfaltata, il terrapieno e il filare di case scantucciate ti perdi per qualche secondo nelle nuvole e nel sole bianco che comincia a scendere sullo sfondo, dietro alla super strada.
Sono quasi le 8 ormai: c'è la resa dei conti con lo strutturato. Imboccato dai più grandi, hai riempito la schede terapeutiche che devono essere vidimate da chi sa già fare il dottore. Hai dimenticato il protettore gastrico per l'ablazione di FA e l'rx torace per l'espianto andava richiesto urgente. Prendendo solo di mezzo bischero, hai passato la prova - per oggi. Aggiorna le consegne per il medico di guardia che è già passato a salutare in medicheria e scappa. Corri senza guardarti indietro. Se non te ne vai via subito qualcun altro ti troverà altro da fare, stanne certo.
Ficcati gli auricolari nelle orecchie e vola in strada. Sono le 9 passate, cucina, mangia, spara due cazzate a tavola. Ti capisco, sei stanco, sei affamato e non hai avuto contatti fuori dalla gabbia per tutto il giorno. Ma che cazzo, dai, non ti addormentare. Smettila di sbadigliare. Non ti togliere la camicia! Ok, via riposa un po' gli occhi. Solo un po'.
Tanto domattina c'è Pollon...
Oh no cazzo, hanno messo Hello Spank.


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