21 agosto 2013

Ferragosto

Trovo la vita naturalmente noiosa. Parafrasando Nietzsche, gli intervalli che separano i momenti intensissimi scorrono squallidi e lenti, scandendo il quotidiano avvicendarsi del sole colla luna e le stelle.
Aggrappate a desideri che illuminano le notti di Agosto, formichine operose studiano e lavorano, s'innamorano e curano il giardino o l'orticello. La domenica affollano l'autolavaggio per non sentire il fastidio di un pensiero o liberarsi dalle compagne e dai figli pedanti; mentre alla sera non c'è tavolo o parcheggio che non sia preda di branchi di giovani leoni assetati di chiacchiere e risate.
Con la testa che ancora gira per la velocità di una notte alcolica, il mondo sembra frenare bruscamente nella sua orbita al mio risveglio: è come trovarsi costretti in un eterno giro sulle montagne russe, in cui un solo secondo di vuoto nello stomaco dà senso a due ore di fila sotto al sole.

Sono le 6 o poco più, e la vecchia bicicletta scivola cigolando sulla passeggiata già invasa da maniaci del fitness che corrono risplendendo nella loro doratura sudaticcia. Nella luce del mattino che sorride fresca tra una palma e una panchina di marmo, vagoni di merce inutile vengono ordinatamente disposti sui tavoli davanti a una flotta di furgoncini bianchi. I solchi scavati dal sole e dagli anni ora si spianano in sorrisi di vecchie signore che si scambiano il buongiorno, per poi sprofondanre nello studio corrucciato di parei colorati e confezioni da quattro paia di boxer a 15 euro. Orde di cani trascinano gli assonnati padroni all'inseguimento di tesori odorosi e invisibili mentre il pensiero si perde sulla scia delle ruote della bici e del regolare sferragliare di pedali. Ci sono canzoni che s'insinuano tra i nodi dei capelli e dolci accompagnano il vagare del cervello, una è questa.
Purtroppo non esiste il centro di gravità permanente che con costante forza faccia girare il pianeta in modo allegro e interessante.

Adesso fa troppo caldo, anche i ricordi si fanno appiccicosi qui in spiaggia.
Una chitarra, due bottiglie di birra scadente e la voglia di cantare, eccovi gli ingredienti di un divertimento genuino e senza tempo. Un tuffo rigenerante in piscina alle tre di notte, scherzando sulla dignità di esseri umani e bestie tra un brivido e una risata. La schiacciata unta di gorgonzola e finocchiona che ti strizza l'occhiolino all'ombra di S.Croce, ma che non calma la fame se non quella dello stomaco. Piedi neri si affacciano dalla finestra su Firenze, e dondolando leggeri in mezzo a nuvole azzurre di tabacco raccontano i loro 18 anni di sogni e viaggi. Settecento gradini madidi del sudore di noi due coglioni, persi nella fortunata ricerca di una spiaggia nera, infestata di meduse e piccole spettatrici dei nostri meravigliosi giochi di prestigio. Ritrovare nelle parole di amiche ancora sconosciute pezzetti che giureresti appartenere alla tua vita soltanto. Scoprire la vita di un nonno ancora bambino sulle pagine ingiallite di tre agende lasciate in eredità alla figlia ormai ingiallita pure lei. Un esercito di camici bianchi che disordinatamente marciando e qua e là balzando, invadono l'austera biblioteca sulle note del quartetto di Liverpool. Lenti nere e rotonde ti fissano da dietro una nuvola di ricci e divertite filmano noi improbabili protagonisti di inverosimili progetti cinematografici sulla cima di Montemarcello. Un'acqua cristallina e violenta da graffiare la pelle e togliere il fiato, esplode sotto i tuffi temerari dei ragazzi arrampicati sui massi del Frigido: mai nome fu più azzeccato per un fiume. La parodia dei due novelli sposi proiettata dietro i tavoli del banchetto principesco, tra le risate sguaiate degli amici di una vita e i boccheggi dei parenti oltremodo sazi. Ritrovarsi ancora seduto al banco del liceo, con i soliti compagni di dieci anni, ad aspettare il proprio turno di raccontare l'aneddoto preferito e a ridere tra un pezzo di pizza e un brindisi. Cimentarsi in pericolosissimi tiri a segno alcolici, immancabilmente persi e pagati in bicchieri tintinnanti. Ritrovarsi a cantare per elemosinare un panino dai ristoratori stremati e divertiti. Le lacrime che ingozzano la bocca e gli orecchi, coprendo il ticchettio di un conto alla rovescia abortito. La rabbia e la frustrazione della perdita di un amore.

"Acqua calda, birra fresca, coca così così" l'ambulante baffuto mi riporta qui sul foglio a quadretti su cui l'inchiostro scivola assieme ad un rivolo di sudore. Cazzo che caldo.
Ripartire da capo, rivivere ciascuno di questi momenti una alla volta, così come si snocciola un rosario. Senza fila, senza delusioni e speranze tradite, senza attese mai terminate, ma con negli occhi i colori di allora. Io ho sicuramente visto troppi film, e ho perso la mia fede da un bel po', però mi piace pensare il paradiso, o l'aldilà, o quello che è, come la possibilità di rivivere da spettatore ogni istante che ha definito il tuo essere te stesso, il tuo modo di diventare unico. "Seondo me bisognerebbe avecci 20 anni di meno, per poter ripartire e rifare le stesse 'azzate che s'è fatto fino a oggi. Però, a rifalle, seondo me c'è più gusto". 

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