12 Aprile 2014, una data che difficilmente dimenticherò.
Ore 19.00 - fresco di laurea e abilitazione, colla borsa
medica che ancora profuma di cuoio e il cuore pieno di speranze, mi avvio su
per le intrepide stradine della montagna pistoiese, alla ricerca della
fantomatica sede di Guardia Medica di Marliana (PT). Fantomatica, in quanto
abbastanza rinomata nel settore per la qualità del sonno delle notti ivi
trascorse.
Ore 19.55 – correndo a 100 km/h dopo aver più e più volte
sbagliato direzione, giungo infine all’agognata sede. Qui mi attende una dottoressa
veterana che tutta sorridente mi mostra le amenità della struttura e
m’introduce alle probabili telefonate della notte, prima di congedarsi e lasciarmi tutto solo tra caprioli e lupi (e senza una tacca di segnale nel cellulare).
Ore 21.10 – prima telefonata preannunciata, consulenza
telefonica.
Ore 22.15 – seconda telefonata preannunciata, nuova
consulenza telefonica.
Ore 22.20 – ripetizione della prima telefonata, ancora
consulenza telefonica.
Ore 23.10 fino alle 00.30 – il sonno mi assale, ma ritenendo
mal costume dormire la prima notte sul posto di guardia - senza considerare l’aspetto non
esattamente invitante del materasso presente - mi metto alla tv. Il commissario
Maigret è veramente molto lento. Troppo lento.
Ore 01.30 – mi sveglia una telefonata da parte del 118.
Nella comunità di profughi di Lampedusa accolta a Marliana (eh??!!) sembra
essere scoppiata un’epidemia di dissenteria (cosa??!!). Tuttavia, prima di
inviare svariate ambulanze sul posto, è richiesto l’intervento di un medico
per valutare l’effettiva necessità di ricoverare i pazienti. Vengo avvisato
della possibile barriera linguistica.
Ore 01.35 – comincio a realizzare di essere io quel medico.
Ore 01.40 fino alle 02.00 – mi avvio nel labirinto di
tornanti, salutando coi fari due simpatici cerbiatti che balzellano sulla
strada. Bella la natura. Raggiungo in auto l’hotel in questione.
Ore 02.05 – sono accolto dalla polizia e dalla municipale, intervenute
sul posto, e vengo introdotto agli albergatori come “il dottore”. Mi viene raccontata la storia dei profughi e mi viene
detto che due mediatori culturali sono già stati contattati per aiutarmi nella
traduzione.
Ore 02.15 fino alle 03.40 – incontro i ragazzi ghanesi,
parlano un inglese decente (qualità non esattamente estendibile ai mediatori),
mi raccontano la loro storia, di cui non posso parlare. Comincio a visitare
il primo ragazzo. Dopo la diffidenza iniziale, a turno gli altri si
sottopongono alla visita volontariamente, mentre i restanti osservano e
ridacchiano. Un ragazzo mi aiuta passandomi via via lo sfigmomanometro, lo
stetoscopio e la pila. Alla richiesta di seguire la punta della penna cogli
occhi o di gonfiare le gote, immancabilmente ci scappa la risata generale. I
parametri vitali sono ottimali, non ci sono segni di disidratazione o di
infezione acuta in corso. In tutta umiltà ritengo di non dover ricoverare nessuno, raccomandandomi di chiamare un vero medico se i disturbi peggiorassero il giorno seguente (non posso dilungarmi ulteriormente sui dati clinici).
Ore 03.50 – “God
Bless You” (sorrido anche solo a scriverlo).
Ore 04.00 – realizzo che non ho idea di come gestire la
burocrazia di pazienti profughi - ovviamente non cittadini toscani - e dotati
di un’esenzione speciale. A tal riguardo, ricevo delucidazioni telefoniche talmente
brillanti che decido essere più saggio il chiedere alla collega il mattino
seguente.
Ore 04.30 – tornato alla sede, crollo sul meraviglioso materasso a molle.
Ore 08.00 – Coll’aiuto della collega completo anche la parte
burocratica della mia avventura personale. Un po' ironica e un po' incredula mi dice che a Marliana la
notte si dorme sempre. “Tu ha’ fatto un
bel battesimo del foco”.
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