Erano passate settimane dall'ultima telefonata
con Beatrice. In diciannove anni non era mai successo che i due ragazzi si
ignorassero per così tanto tempo.
Giorni prima, lavati via i segni della matita
nera di Zorro, ma con i baci di Elena ancora indelebili sulla pelle, Luca era
andato a casa della vicina: si presentò sulla soglia ancora stordito dalla notte alcolica e di scoperte, con il petto traboccante di un intruglio fatto di
emozione e di vergogna e gli occhi infossati sotto il peso del sonno perduto.
Non ci vollero più di tre secondi alla biondina
per intuire tutta la trama della notte innanzi. Con i piedi sull'ingresso e una
mano appoggiata sulla maniglia, Beatrice lo squadrò da capo a piedi: "Ciao
Lu, non ti trovo in grande forma se devo essere sincera...ma che hai combinato
ieri sera?"
Luca distese le braccia lunghe in un movimento
ampio e circolare, finendo col grattarsi la nuca mentre ammiccava un tiepido
sorrisetto "Ciao Bionda. Sono stato alla festa di carnevale al Rizzoli con
Davide e Michael, abbiamo raccattato una mina immensa...Ci saranno stati almeno
diecimila ragazzi mascherati! C'era della gente assurda: ho visto un genio in
tutina nera e con la faccia in mezzo a un cartellone enorme travestito da tessera
della mensa, poi due tizi vestiti da sceicchi che compravano quelli vestiti da
calciatori...allucinante! Ci siamo divertiti come dei cretini"
I lineamenti puliti si sollevarono in una
smorfia divertita e sospettosa che Luca conosceva fin troppo bene, col dito
puntato alla clavicola di lui mentre lo fissava con un occhiolino verde
penetrante, ricominciò: "Mmm...E di ragazze invece quante ce n'era? Quante
erano le indianine e le diavolette? Lu, lo sai che certe cose te le leggo negli
occhi...vuota il sacco ragazzaccio"
Da che aveva lasciato la casa in centro, il suo
cervello stremato e soddisfatto aveva cominciato a ronzare, cercando con
crescente apprensione una risposta alla domanda sul cosa raccontare alla sua
protetta. Chiudendo gli occhi sul suo cuscino, e riscoprendosi ancora immerso
nel petto di Elena aveva deciso di lasciare al mattino seguente la spinosa
questione. Si sentiva sporco in fondo, ma la contentezza era ancora così
luminosa da rendere ogni macchia praticamente invisibile. Quando però si trovò a
fronteggiare la causa di tutte le sue apprensioni, si scoprì nuovamente a
tremare. Accennò balbettando a una ragazza e Beatrice, incalzandolo:
"Da che era travestita Elena? Scommetto che era un'infermierina premurosa,
con tanto di mini camice aderente e giarrettiera in vista..."
Luca colse una stizza nervosa attraversare il
volto di lei. Ancora più imbambolato, avvertì affondare nello stomaco un morso rabbioso. "Non mi piace che tu parli di lei così. E'...è una persona fantastica."
Lo sguardo torvo e piccato di lui fu ribattuto
da una mezza risata che sapeva tanto di ironia "Allora sposatela se è
tanto splendida...si vede lontano un miglio che sbava per te, quella vuole
divertirsi e basta! Chiedile di uscire! Vedrai, dopo due minuti te la dà!"
Le parole caddero come un masso nel fiume di
pensieri che affollavano il ragazzo; delle migliaia di onde che si alzarono
increspandosi, fu ancora la rabbia ad essere la più veloce: "Non ti
permettere di parlare così di lei, non la conosci! Sei ingiusta! Sei cattiva!
Io ero venuto qui spinto dal desiderio di condividere con te
le cose belle che mi accadono, come ho fatto fin da bambino...ma adesso credo che se
c'è qualcosa di infantile in tutto questo, quella sei tu." Nell'attimo
esatto in cui pronunciò queste parole, sentì un vetro spaccarsi in mille
schegge affilate sotto la maglietta, in mezzo ai polmoni...fissando lo sguardo
sbarrato e incredulo di lei, non riuscì comunque a frenare le parole che ormai
sgorgavano a fiotti dalla ferita aperta, da qualche parte là sotto.
"Ieri notte ci siamo baciati, poi siamo stati a casa sua…E' stato bellissimo. Non avevo mai provato un'emozione tanto forte in tutta la mia
vita."
Lentamente le labbra rosa e lucenti di Beatrice
si piegarono ai lati delle guance, adesso tutte rosse; presero a tremare mentre
due lacrime ne segnavano la superficie finemente maculata. "Vattene via
Lu. Vai via." La porta si chiuse con un tonfo tremendo.
Il telefono squillava ancora tra le mani di Luca
che fissava incredulo il nome sullo schermo. Blondie. Gli ultimi giorni erano stati per lui un'assoluta novità.
Nell'anomalo silenzio dei suoi pomeriggi, mille volte aveva preso il cellulare
in mano per chiamare la sua compagna storica e scusarsi...ma altrettante aveva
sentito pulsare rabbiosa l'arteria al lato della fronte. Non poteva
accettare che la protagonista della sua vita fosse stata così stronza. La stizza per quelle parole maligne - seppur non così infondate - annebbiava ogni altro pensiero razionale. Non si capacitava di come quella bocca perfettamente cesellata avesse potuto
essere tanto crudele nel descrivere la sorgente della sua recente felicità – o
che comunque non sapeva definire altrimenti. Da allora aveva continuato a
lavare ogni suo dolore e rimorso con le gocce di gioia liquida che la compagnia
di Elena stillava. Poi premette il tasto verde. Un singhiozzio lo
sorprese al ricevitore: "Ciao Lu...ho lasciato Andrea."
Quando aprì la porta di casa, Luca si trovò
davanti una visione: i capelli sconvolti e bagnati balenavano come saette d'oro
nel riflesso bianco del cielo nebuloso. La pelle lattea si confondeva tra le
nuvole, nell'abbraccio di un lungo maglione di lana color zaffiro a trama
grossa, che pesante di pioggia le stringeva le spalle tremolanti. Le gambe
sottili sbattevano freneticamente a terra per scacciare i brividi del freddo.
Gli occhi arrossati dal pianto sembravano essersi appena dischiusi da una notte
senza sonno, e timidi investigavano la soglia della casa nella ricerca di un
riparo, mentre le lacrime si mischiavano all'acqua che cadeva - provvidenziale.
Un sorriso triste accolse il cigolio del portone, inonando Luca con la sua
tenerezza magica.
Una volta dentro, il ragazzo raccolse in
silenzio un grande asciugamano, senza riuscire a distogliere lo sguardo da
quella creatura così fragilmente splendida. Asciugatasi alla bene e meglio,
Beatrice notò che nel corridoio non aleggiava il
familiare profumo di pizza, che segretamente aveva sognato di assaporare.
Proprio nel mezzo di questi pensieri, due braccia amiche ma sconosciute le
avvolsero tiepidamente il petto da dietro la testa. I due ragazzi chiusero
gli occhi: un velo di lacrime tornava ad appannare la vista di Beatrice, mentre
le fredde gocce intrappolate nelle sue vesti, lavavano via tutta la rabbia e la
tristezza accumulate sulle iridi celesti di Luca. Uniti in questa morsa
silenziosa, posarono immobili in un abbraccio senza tempo: giovani Apollo e
Dafne, stremati dalla corsa bramosa, trovavano finalmente tregua anche se solo
per un istante. Bastò un respiro infatti perché il cuore ricominciasse a
bussare forte contro la schiena bagnata di lei.
Fine quarta parte
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