Ci sono pellicole meravigliose, ho passato anni alla loro ricerca e collezione; ma la verità è che un film è bello davvero solo quando le scene diventano un pezzo della tua infanzia, o un ricordo, una sera passata nudi sul tappeto di camera raggomitolati nel piumone strappato al letto per scaldarci, o un sogno, vivere una vita come quella disegnata sulla luce bianca dello schermo.
Barry Lyndon è uno di questi pezzetti del mio passato, forse quello più impolverato, ma non meno dolce. Mi manca mio nonno. Mi manca chi ero quando lo guardavamo. Mi manca il modo con cui guardavo il futuro da bimbo.
Credo o forse credevo di avere abbastanza sale in zucca e palle per fare quello che volevo della mia vita. Oggi faccio fatica a riconoscere il mio stesso naso sotto la coltre di vesti che la quotidianità ti costringe a portare. Ho ancora una ragazza bellissima che si scioglie al telefono in una cascata di riccioli mori e risate. Ho trovato un appartamento, una casa, piena abbastanza di gioventù liquida e di situazioni da sollevarmi delicatamente dalle ore spese immerso in un ultimo anno di università altrimenti grigio, inesauribilmente grigio. Mi trovo proiettato in ambienti e situazioni mai vissute anche se già a lungo studiate sui manuali di medicina. Mi manca il sognatore incantato che passava i pomeriggi a fumare guardando fuori dalla finestra e rumoreggiava nelle notti preda dell'alcol e della frenesia. Ma soprattutto mi mancano nuovi ricordi.
La vita, ancora una volta, in questi autunni noiosi si incaglia e rallenta, nonostante il tempo corra veloce come sempre.
Domani ho il primo vero esame di questo ultimo anno, sabato 22 Dicembre: Neurologia...eppure io ora dovrei essere perso da qualche parte in Europa, magari a guadagnarmi da vivere come soldato o vagabondo e a conoscere il mondo di cui, pur essendo sempre lo stesso, ci dimentichiamo di quanto sia grande e quanto poco sia il tempo che ci rimane per scoprirlo.
Domani ho il primo vero esame di questo ultimo anno, sabato 22 Dicembre: Neurologia...eppure io ora dovrei essere perso da qualche parte in Europa, magari a guadagnarmi da vivere come soldato o vagabondo e a conoscere il mondo di cui, pur essendo sempre lo stesso, ci dimentichiamo di quanto sia grande e quanto poco sia il tempo che ci rimane per scoprirlo.